Dott. Mauro Masini

Dott.
Mauro Masini

Il benessere è un cammino tra due sponde: la rigidità, cioè la tendenza a chiudersi ad ogni nuova esperienza fino all’immobilità, e il caos, cioè l’aprirsi escludendo parti di sé, pena la dispersione.

 

La via è nella loro integrazione e in un movimento che sia flessibile, adattivo, energetico, stabile, “creativo” direbbe Winnicott.

 

Ma la salute non è mai un risultato bensì un processo; a volte quando i pazienti si accorgono che nelle reazioni automatiche e nei vissuti delle loro relazioni affettive si ripete uno schema rigido, vivono un senso di angoscia e di fallimento, come un destino che per la loro stessa debolezza diventa immodificabile; segue senso di colpa, di impotenza…immobilità. La mancata integrazione delle parti porta a sentirsi perdenti rispetto ad un ideale di sé, bloccati in una delle due sponde.

È necessario incominciare ad annullare il giudizio e osservare le nostre fragilità per quello che sono, cioè parti e non la totalità di noi, né giuste né sbagliate ma retaggio di momenti più o meno difficili della nostra storia; sono queste le sfumature che danno intensità al nostro sguardo, permettono la magia degli incontri, sono segno di una vita non immobile, che cerca nella ripetizione una nuova occasione di trasformazione: il dolore percepito è circoscritto ad una sola parte di noi, noi non siamo mai solo quel dolore.

 

Vivere l’emozione e nello stesso tempo osservarla con accettazione, con compassione, ne fa emergere l’umanità e non la confonde con un “destino avverso”.

 

Essere in presenza di noi, questo permette di scegliere dove stare, di vivere i nostri bisogni sia quando sono spinti da antichi bisogni di sicurezza sia quando sono frutto del desiderio del nuovo che porta verso l’espansione di noi per rompere consuetudini irrigidite. Si può trovare così il nostro compromesso accettabile, il nostro personale spazio di movimento.

Descrizione

Psicodramma Analitico Integrato

È possibile richiedere la partecipazione ai cicli di incontri clinici per pazienti in terapia attraverso lo Psicodramma Analitico Integrato anche come affiancamento a psicoterapie già in essere.

 

Moreno, nella prima metà del secolo scorso, rilevò l’importanza del fenomeno della catarsi che si sviluppa spontaneo all’interno della improvvisazione drammatica e la sua potenziale utilità per l’approfondimento e l’elaborazione dei conflitti intrapsichici; l’evoluzione di questa scoperta durante il secolo ha permesso di riconoscere nello psicodramma e nel “gioco di ruolo” un metodo che permette all’individuo di riappropriarsi della spontaneità comunicativa e creativa che è propria di ognuno di noi e che emerge naturale nel bambino.

 

Unire la tecnica psicodrammatica all’esplorazione psicoanalitica si è rivelata una unione felice per intervenire a livello gruppale in ambito terapeutico, evidenza di questa efficacia proviene dalle innumerevoli ricerche pubblicate a livello internazionale di interventi sia coi minori che con adulti, sia in ambito privato che pubblico, in istituti psichiatrici, oppure utilizzati a fine formativo nell’ambito delle organizzazioni.

 

La mia esperienza professionale e personale nell’ambito dello psicodramma analitico è maturata nell’ampio dibattito della scuola di Rapaggi e vede l’integrazione di contributi derivanti dallo psicodramma classico, dalla psicoanalisi e dalla bioenergetica di Lowen, prevede la creazione di un gruppo misto di persone in trattamento, accolte in un setting piccolo e adeguato, che offra la giusta accoglienza e contenimento, che stimoli la creazione di un gruppo eterogeneo, coeso ed empatico, che favorisca infine la partecipazione attiva e la condivisione dei contenuti conflittuali soggettivi.

 

A tal fine l’ingresso nel gruppo terapeutico avviene solo a seguito di una adeguata valutazione clinica della personalità di base che confermi l’utilità del setting gruppale rispetto alle caratteristiche individuali della persona, o che altresì ne indirizzi il trattamento verso un setting più adeguato.

 

In questa visione integrata dello psicodramma analitico, passato, presente e futuro, insieme alle fantasie, alle resistenze, al linguaggio non verbale, alla nostra corporeità, ai desideri espressi ed inespressi e alle tante dinamiche di gruppo e variabili di transfert, sono tutti elementi che si muovono sulla scena.

 

Ad ogni incontro il protagonista della scena psicodrammatica è una persona del gruppo e tutti gli altri si adoperano per aiutarlo nel suo lavoro. Il protagonista sceglie di rappresentare un momento della sua vita che può essere reale o immaginario, ma anziché parlarne e basta, ne ridiventa interprete, guardandola da diverse angolature attraverso i propri occhi e con gli occhi degli altri.

 

Una volta esposta la problematica disturbante, lo sviluppo della scena seguirà il soggetto sulla linea costante della propria tendenza naturale di base, individuandone i compromessi stipulati negli anni per far fronte alle richieste disarmoniche dell’ambiente.

 

Questo permette da un lato di individuare le condizioni attuali che alimentano il disagio,dall’altro di far emergere alla coscienza, con spontaneità, i propri reali bisogni e vederne le distorsioni che ne impediscono il soddisfacimento.

 

Inoltre tale metodo mostra generalmente alla persona nuovi punti di vista sul fatto, nuove e più adeguate vie di pensiero e di comportamento per affrontare la situazione.

 

Spesso la situazione psicodrammatica, attraverso i classici e semplici esercizi di specchio e inversioni di ruolo, rende più evidente al soggetto la propria resistenza al cambiamento, in scena infatti la volontà non riesce a tenere bloccata l’espressione spontanea dei vissuti emotivi, questi infatti si renderanno naturalmente visibili o attraverso un’azione o attraverso un irrigidimento dato dai meccanismi di difesa utilizzati, una contraddizione questa che emerge dal conflitto tra la richiesta urgente di star bene e le azioni personali che inconsciamente la impediscono.

 

I vissuti in scena stimoleranno nel soggetto naturali collegamenti associativi che riporteranno a esperienze emotive precedenti, sulle quali la scena verrà ricondotta e trasformata alla ricerca  graduale degli strati sottostanti che alimentano il disagio attuale.

 

Questa ricerca associativa permette un’analisi delle cause profonde del problema, così da poterle gradualmente riconoscere e riviverle, oggi, in una maniera diversa, perché osservate con occhi adulti e sulle quali sono possibili, finalmente, azioni libere dalle fantasie che erano radicate e ne impedivano i movimenti, fantasie che erano però reali un tempo per l’impossibilità pratica ed emotiva di un bambino di modificare il proprio ambiente.

 

Andando alle radici della nostra personalità , dei nostri affetti, dei nostri stili relazionali è possibile depotenziare quelle variabili che oggi vengono riattivate nelle circostanze più svariate e che alimentano le sintomatologie più diverse.

 

Svestito da questa veste terapeutica, le tecniche psicodrammatiche (sociodramma, psicodramma attivo, sociodramma, roleplaying…) .sono utilizzate oggi in diversi ambiti ove il materiale considerato non fa parte della sfera privata (familiare o individuale) ma di quella collettiva, quali quello aziendale, di formazione professionale, scolastica o di sostegno psicologico a precise categorie di utenze.

Training Autogeno

Presso Koru si svolgono cicli di 5 incontri in forma individuale o gruppale per l’apprendimento del Training Autogeno Inferiore o Superiore

 

Il training autogeno è un noto metodo di auto-distensione psicocorporea e una volta appreso può essere praticato in autonomia dalla persona per sostenersi nelle situazioni di difficoltà.

 

In particolare è indicato per la gestione di situazioni di forte ansia e stress o per problematiche legate all’insonnia e in tutte quelle manifestazioni dolorose acute dove l’aspetto psicosomatico risulta estremamente rilevante.

 

Altro ambito di applicazione del training autogeno è il settore sportivo dove questa tecnica viene ampiamente utilizzata alfine di abbassare l’ansia pre-agonistica e stimolare e facilitare la concentrazione; in abbinamento a tecniche immaginative permette un efficace allenamento psicologico per predisporre lo sportivo alla migliore prestazione possibile.

 

La prima serie di esercizi (Ciclo inferiore del Training Autogeno) permette al corpo di ritrovare la spontanea disposizione al rilassamento, la condizione di abbandono,  permette di imparare a porsi in ascolto passivo del corpo, entrando così  in quello stato psicofisico (commutazione autogena) in grado di mobilitare il recupero energetico e di autoguarigione,  aiutando la persona nella quotidianità a : diminuire il livello personale di ansia, migliorare l’autocontrollo e la capacità di gestione delle oscillazioni emotive esagerate, consentire una distensione muscolare e una regolazione vasomotoria (es. piedi e mani fredde), concedersi intervalli nella giornata davvero riposanti, migliorare la concentrazione nel lavoro e nello studio, sostenere l’ansia preagonistica sportiva o artistica,  recuperare energie (10 minuti di Training Autogeno possono equivalere a circa 2 ore di sonno). La seconda serie di esercizi è chiamato invece “Ciclo superiore del Training Autogeno”. Lo stesso Shultz (inventore del Training Autogeno) descriveva le tecniche superiori del Training Autogeno come la naturale prosecuzione di quelle di base.

 

L’autore notò infatti che man mano che il rilassamento diventava profondo e il praticante acquisiva lo stato di commutazione autogena completa, comparivano “vissuti ottici”, cioè visualizzazioni di immagini di vario tipo. Analogamente a ciò che accade comunemente nel sonno, tali produzioni immaginative esprimono ora una elaborazione di situazioni reali, ora il prodotto di un mondo irreale interiore riscoprendo ricordi e zone della personalità. La seconda serie di esercizi è finalizzata quindi all’approfondimento delle immagini mentali emergenti e porta il soggetto ad un percorso introspettivo profondo, ad una maggiore consapevolezza di se stessi e ad un maggior benessere globale.

Mindfulness

Nello studio del centro clinico Koru l’apprendimento della Mindfulness è possibile svolgerlo sia in forma individuale che gruppale:

 

  • Programma per la riduzione dello stress attraverso la MindfulnessProtocollo MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction)

Con la parola Mindfulness indichiamo principalmente un modo di porsi in relazione con la propria esperienza attuale, accogliendola così com’è, qualunque essa sia, vivendola nella sua semplicità e pienezza, e allo stesso tempo maturando una sempre maggiore consapevolezza di ogni momento in cui la nostra mente interviene a distrarci, per portarci via attraverso un groviglio di automatismi di pensiero, ansie, giudizi, eventuali memorie di un passato che doveva andare diversamente oppure più semplicemente perdendoci nel pensiero del futuro che richiede urgenti progetti e soluzioni, spesso per diventare qualcosa di diverso da ciò che siamo ora.

 

Il protocollo mindfulness based stress reduction (Metodo per la riduzione dello Stress basato sulla consapevolezza) solitamente etichettato come parte della medicina comportamentale o mind/body medicine) è stato sviluppato dal Prof. Jon Kabat Zinn alla fine degli anni ’70 presso l’Università di Worcester (Boston) Massachusetts.

 

Alla fine degli anni 90, erano già più di 400 gli ospedali e centri medici negli Stati Uniti dove veniva applicato l’MBSR.
Negli anni, per le sue potenzialità cliniche preventive e riabilitative , ha trovato spazio in programmi di intervento nelle carceri e nelle scuole, e in varie organizzazioni al fine di affrontare molte delle problematiche sia  fisiche che psicologiche legate allo stress.

 

La prospettiva della mindfulness introduce un modo profondamente diverso di porsi in relazione con la propria esperienza. E’ un modo per entrare in contatto con ciò che succede dentro e fuori di noi; un modo per prendersi cura del corpo e della mente, sviluppando la capacità di stare nel presente; un metodo sistematico per gestire stress, dolore e malattie, ma anche per affrontare efficacemente le sfide della vita quotidiana; una capacità intrinseca a noi esseri umani da sempre, che va semplicemente riscoperta.

 

Il protocollo MBSR:

• è stato utilizzato per una varietà di patologie correlate o fonti di stress quali: dolori cronici, malattie cardiovascolari, cancro, malattie polmonari, ipertensione, cefalea, disturbi del sonno, disturbi digestivi, malattie della pelle, AIDS.

 

• Trova applicazione anche nelle problematiche psicologiche: ansia, depressione, disturbi alimentari, attacchi di panico e In tutte le situazioni  di vita difficili di breve o lunga durata: lutti, separazioni, problematiche di coppia.

 

• Nasce come programma strutturato in 8 incontri di gruppo settimanali di circa due ore più un giornata intensiva . In seguito, per venire incontro alle diverse esigenze dell’utenza sono stati elaborati interventi che senza modificare i contenuti del protocollo, né inficiarne la validità, possono strutturarsi in vari week end, in una settimana intensiva, in incontri individuali, e programmi personalizzati per tipologia di disagio.

 

• Un addestramento intensivo alla meditazione di consapevolezza (più conosciuta come meditazione Vipassana), definita anche come “auto-regolazione intenzionale dell’attenzione”. La pratica si è rivelata utile (come dimostrano recenti e numerosi studi di neuroscienze) ad aiutare le persone a prendersi cura di se stesse per vivere in modo più sano, imparando ad adattarsi alle circostanze della vita e alleviando la sofferenza che accompagna disturbi fisici, psicosomatici e psichiatrici.

 

• Aiuta a coltivare una modalità di relazione decentrata verso l’esperienza cognitiva, emotiva e sensoriale dolorosa, a disattivare intenzionalmente gli automatismi dei pensieri, a lasciar andare la tendenza alla proliferazione mentale liberandosi così da un compulsivo e doloroso rimuginio sulle esperienze dolorose.

 

E’ una modalità quindi per prendersi cura di noi stessi, sia quando stiamo bene sia quando siamo coinvolti in esperienze di dolore, malattia, relazioni complicate…per poter coltivare quel centro, sempre presente in noi, da dove poter assistere al perenne mutamento delle cose, restando ben ancorati alla realtà ma senza neanche chiudere la nostra esperienza identificandoci in una parte sola di noi.

 

  • Programma per la prevenzione delle ricadute delle crisi depressive

 

Protocollo MBCT (Mindfulness Based Cognitive Therapy)

Si pone l’obiettivo di prevenire la ricaduta nelle crisi depressive e combina  il protocollo MBSR con elementi della Terapia Cognitiva. l’MBCT si occupa più del processo del pensiero, (cioè del modo di funzionare della mente), che dei contenuti dei pensieri stessi, con l’obbiettivo non tanto di trasformarli e di entrare in relazione con essi, quanto di riconoscerli per quello che sono ( cioè solamente dei contenuti mentali senza caratteristica di concretezza e di realtà) e di poterli lasciarli andare: “I pensieri non sono fatti” dunque è possibile agire senza esserne condizionati

 

II protocollo MBCT, sottoposto a studi di efficacia, ha dimostrato:

  • Una significativa riduzione dei sintomi fisici e psicologici a lungo termine;
  • Profondi e positivi cambiamenti dell’atteggiamento, del comportamento e della percezione di se stessi, degli altri e del mondo.

 

Gli interventi sono mirati:

 

• ad aumentare la consapevolezza  per ridurre l’ “automaticità” dell’usuale funzionamento mentale; a favorire una “disidentificazione” dai pensieri e dalle emozioni ed una maggiore “accettazione/apertura” all’esperienza diretta;

 

• a ridurre la ripetitività automatica della ruminazione depressiva e della preoccupazione ansiosa favorendo un distacco da queste modalità di funzionamento mentale che creano sofferenza;

 

• a gestire la riattivazione dei  pensieri  automatici depressivi con una  evidente riduzione della gravità dei sintomi depressivi-ansiosi, ed una riduzione dell’influenza negativa dei sintomi sulla qualità di vita.

 

I partecipanti che hanno completato il corso parlano di un generale miglioramento sul piano psico/fisico e di una rinnovata lucidità mentale, vantaggi che risultano perdurare nel tempo.

Servizio di Psicotraumatologia

Il dott. Masini è professionista esperto nel trattamento di disagi connessi a esposizioni di eventi potenzialmente traumatizzanti, ed utilizza metodologie integrate di trattamento in accordo con le più aggiornate linee metodologiche validate dalla comunità scientifica.

 

Le possibili reazioni psicologiche ad un evento traumatico sono questioni ormai note anche al di fuori degli ambienti clinici a causa purtroppo dell’intensificarsi negli ultimi trent’anni di calamità naturali e di eventi stressanti eterogenei che avvengono nella realtà sociale, basti pensare alle conseguenze della crisi economica del paese o all’incremento delle violenze e delle guerre,  situazioni queste che costringono la persona a riadattamenti forzati dei propri equilibri. B. van der Kolk (2005) definisce come traumatici “quegli eventi che eludono i meccanismi attraverso cui normalmente interpretiamo le nostre reazioni, ordiniamo le nostre percezioni del comportamento altrui e attraverso cui ci creiamo schemi di interazione con la realtà”. Secondo l’autore esistono tre tipologie di eventi traumatici: la prima ha come caratteristica la brevità dell’evento, come ad esempio l’accadimento inaspettato di una violenza sessuale oppure un incidente stradale o ancora un primo forte terremoto, caratterizzati dall’imprevisto e dall’intensità; la seconda comprende eventi che hanno una ripetizione temporale ed un possibile effetto cumulativo (è una condizione in cui si possono trovare ad esempio quelli che sono in prima linea nei soccorsi in condizioni di emergenza, operatori di pronto soccorso, personale militare); la terza tipologia considera quegli eventi che costringono la persona, a volte inconsapevolmente, ad essere esposta in maniera prolungata ed abituale a certe condizioni di stress ; a volte si parla di atmosfera traumatizzante, dove spesso è implicata la sfera relazionale e dove le conseguenze possono essere viste nella struttura stessa della personalità, sono situazioni infatti che possono provocare incertezza e sentimenti di impotenza, compromettere la qualità dei legami di attaccamento ed incidere sull’autostima e sulla sicurezza in se stessi. È importante sottolineare che non tutte le persone esposte ad un evento traumatico sviluppano un disturbo post-traumatico, non si può infatti considerare solo la gravità, ma soprattutto la soggettiva elaborazione, insomma come l’evento è stato immagazzinato nella mente. Non a caso Giannantonio (2005) ricorda che in psicoterapia non si ha mai a che fare con “traumi ma solo con ricordi di traumi” e sappiamo che il ricordo è essenzialmente una ricostruzione soggettiva dei fatti. Alcuni dei sintomi più comuni di questo disturbo sono incubi, flashback, pensieri intrusivi frequenti su quanto è accaduto, comportamenti di evitamento inusuali (non passare più nel punto in cui è successo l’evento, non parlarne, cercare di non pensarci, evitare tutto quello che lo può ricordare), difficoltà di concentrazione, irritabilità, disturbi del sonno, irrequietezza. Tali sintomi pretendono approfondimento specialistico quando perdurano per oltre un mese e causano disagi in aree di vita importanti.

Formazione

Laureato presso l’università degli studio di Bologna in Psicologia Clinica nel 2008, ho poi proseguito la mia formazione specialistica come psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico presso la scuola quadriennale “Mosaico” di bologna, in quanto affascinato da un approccio di cura alla persona capace di integrare un solido quadro teorico della mente ad interventi di mediazione corporea attraverso l’utilizzo di efficaci strumenti come lo psicodramma analitico e la bioenergetica.

 

In questo ambito ho anche percorso il mio cammino di approfondimento personale come paziente, in particolare nel contesto psicoanalitico dello studio del Dott. Rapaggi.

 

Iscritto all’ordine degli psicologi dell’Emila Romagna e all’ordine degli psicologi di San Marino, svolgo l’attività di psicoterapeuta in entrambi i paesi e negli anni si sono alternate esperienze professionali nel pubblico e nel privato.

 

L’integrazione tra gli orientamenti teorici a servizio della soggettività dei bisogni del paziente, l’importanza data alla relazione terapeutica come fattore capace sia di riattivare processi interrotti di elaborazione spontanea sia di sviluppare presenza mentale e consapevolezza nelle esperienze soggettive, e inoltre, l’evidenza clinica che un approccio congiunto alla mente e al corpo diventa acceleratore del processo terapeutico stesso, trovano oggi riscontro nella comunità scientifica internazionale soprattutto nel campo delle neuroscienze e della ricerca sull’attaccamento.

 

Seguo per questo annualmente conferenze internazionali aggiornandomi sullo stato dei lavori scientifici intorno al tema “Trauma e Attaccamento”, in merito ho svolto master specifici sui lavori di Bessel Van Der Kolk (“Il corpo accusa il colpo”), Kathy Steele (“Il trattamento degli stati dissociativi”), Janina Fisher (Il lavoro con le parti) e Daniel Seagel (Integrazione Neurale).

 

Sono inoltre abilitato all’utilizzo della tecnica EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), tecnica terapeutica oggi di prima scelta in ambito scientifico internazionale in ambito di psicotraumatologia, qualifica conseguita presso l’associazione EMDR-Italia di cui sono socio.

 

Ulteriori approfondimenti formativi mi hanno portato a diventare istruttore di tecniche cliniche di rilassamento quali il Training Autogeno Inferiore e Superiore e il rilassamento progressivo di Jacobson presso l’università di Siena e il Cispatt di Padova, nonchè istruttore qualificato di interventi basati sulla Mindfulness presso l’istituto di scienze cognitive APC-SPC di Ancona. Utilizzo la Mindfulness in ambito clinico sia individuale che gruppale. Attualmente ho attivi sul territorio di Rimini e San Marino classi di Mindfulness attraverso corsi di MBSR, il protocollo in 8 incontri per la gestione e riduzione dello stress attraverso una pratica di consapevolezza.

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